Carlo Sgorlon, scrittore e narratore Friulano

Lo stambecco bianco

Foto con la copertina del libro

Negli anni della guerra civile libanese, il giovane Mansùr fugge in Italia per sottrarsi al conflitto che sta dilaniando il suo paese e per ritrovare Walid, che lo ha preceduto nella ricerca di un lavoro e di un destino migliore. Qui, lo attendono la delusione e l'amarezza di una perdita dolorosa (Walid è stato ucciso dal rigido inverno alpino mentre tentava di raggiungere la Svizzera), alla quale però Mansùr sa opporre una straordinaria adattabilità alle situazioni e una voglia irrefrenabile di sopravvivere e di cavarsela. Ospitato da Gregorio, un uomo saggio e solitario che gli fa da padre, ed entrato nelle simpatie di Ines, una ricca vedova, Mansùr riesce a integrarsi prfettamente nel mondo al quale è approdato. Anzi, con il loro aiuto, riesce a sventare la minaccia della costruzione di una strada in montagna - infrastruttura indispensabile per i piani di speculazione edilizia di un gruppo di affaristi -, contribuendo a preservare quell'ambiente a lui così estraneo, eppure così affascinante nella sua maestà, nella sua purezza e nelle sue leggende, come quella misteriosa dello stambecco bianco.

Temi di bruciante attualità, come i rapporti fra mondo mussulmano e mondo occidentale, o il problema della salvaguardia della natura, trovano in questo romanzo il passo e il ritmo dell'epica e del mito; un passo e un ritmo che confermano ed esaltano la più autentica e felice vena di uno scrittore capace di trarre dal prediletto canto della civiltà contadina il senso profondo di un'etica integrale, forse dimenticata o forse mai conosciuta dai valori vincenti del mondo occidentale.

 

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